Il trionfo di Erdogan nelle recenti consultazioni elettorali inaugura una nuova stagione per la Turchia, guidata ormai da un sultano con poteri che rasentano l’assolutismo. Nel frattempo lo stato di diritto è stato pesantemente indebolito, una situazione che non ha mancato di suscitare la preoccupazione dell’Unione Europea, che vede l’ingresso della Turchia come un evento sempre più improbabile. I timori europei sono giustificati, ma il Vecchio Continente deve evitare una netta condanna della situazione turca, atto che sarebbe dannoso e controproducente.
Erdogan ha vinto al primo turno, ma la Turchia rimane un paese diviso, infatti il reiss ha ottenuto il 53% delle preferenze (così come lo scorso anno aveva vinto il referendum con il 52% dei voti). Egli è sostenuto da una maggioranza stabile, ma è chiaro che non rappresenta la totalità del Paese. Le elezioni hanno fatto registrare un’affluenza dell’87%, a fronte della quale Erdogan ha parlato di “lezione di democrazia”. In un regime come quello turco si tratta più che altro di unanimità forzata. Il Sultano si è garantito una serie di vantaggi tramite arresti (per esempio quello del leader curdo Demirtas), restrizioni delle libertà fondamentali ed una forte censura dei media. Il voto non fa che confermare la deriva autoritaria che affligge il Paese da qualche anno.
Riguardo al capitolo Europa, la vittoria di Erdogan non influisce particolarmente sulle relazione Turchia-UE. Finché egli sarà al potere, la candidatura della Turchia all’ingresso nell’Unione resterà lettera morta. Inoltre, anche il rapporto tra la Turchia e l’Alleanza Atlantica si è fatto più teso, poiché la NATO è un’alleanza di democrazie, ed Ankara ormai si fregia di questo titolo pur avendolo svuotato di significato. Nonostante ciò, la NATO resta importante per Erdogan, e viceversa. Certamente, vi è il rischio di uno strappo futuro se il neoeletto Presidente alzerà eccessivamente i toni con i partner Europei ed in particolare con Washington. Per l’Europa è essenziale che la Turchia continui a fungere da ponte tra Occidente ed Oriente, perciò il Vecchio Continente non deve reagire aggressivamente al trionfo di Erdogan, ne ostracizzarlo. L’Europa deve continuare a dialogare con la Turchia, pur mettendo dei paletti quando opportuno.
A cura di Nicola Ghedin