Vademecum per capire vita, morte e miracoli della legge elettorale
Approvato alla Camera pochi giorni fa, a colpi di fiducia (sui primi tre articoli), come non si vedeva da tempo, il “Rosatellum bis” – in procinto di atterrare nel teatro di guerra parlamentare di Palazzo Madama – ha buone probabilità di disciplinare la prossima tornata elettorale italiana, nel 2018.
Ma cosa c’era prima di questa legge?
Ad oggi è ancora valida la legge elettorale italiana del 2015, quel famoso Italicum, poi modificato dalla Corte Costituzionale per parziale incostituzionalità. La legge Italicum uscita dal Senato e prima dell’operazione chirurgica della Corte Costituzionale prevedeva principalmente:
– Premio di maggioranza di 340 seggi (55% dei seggi) alla lista (non coalizione) in grado di raggiungere il 40% dei voti al primo turno;
– Soglia di sbarramento unica al 3% per tutti i partiti (non essendo previste le coalizioni);
– Suddivisione del territorio in 100 collegi plurinominali (che avrebbero poi espresso proporzionalmente gli eletti);
– Cd. “Capolista bloccato” in ogni collegio da parte di ciascun partito, per un massimo di 10 collegi (quindi la stessa persona può essere il capolista in 10 collegi diversi al fine di assicurare un suo ingresso in Parlamento), questa parte è stata emendata dalla Corte Costituzionale, difatti un candidato eletto in più collegi, secondo la legge, poteva scegliere il collegio di elezione, la Corte ha posto come criterio di scelta il sorteggio;
– Quote rosa: Espressione di due preferenze sulla scheda in caso di due candidati di sesso diverso, pena la nullità del voto qualora i voti espressi fossero per due candidati dello stesso sesso.
L’elemento fondamentale poi amputato dalla Corte Costituzionale è il secondo turno di ballottaggio: nel caso in ci nessuna lista non fosse riuscita a conseguire il 40% dei voti al primo turno, un ballottaggio tra le prime due liste avrebbe poi conferito al vincitore i 340 seggi di maggioranza.
Inoltre la legge disciplina unicamente la Camera dei Deputati, in quanto il Presidente del Consiglio al tempo, Matteo Renzi, contava di vincere il proprio referendum di riforma costituzionale, che avrebbe reso indiretta l’elezione del Senato.
Gioco, partita, Parlamento.
Il “Rosatellum bis” – così chiamato poiché richiamante molti tratti della proposta di legge elettorale dell’On. Rosato – è un sistema elettorale misto, misto maggioritario-proporzionale, per dirla in quote, 36% di maggioritario e 64% di proporzionale. I numeri in questi casi sembrano sempre confusionari, ma è chiaro che in politica ogni numero, cifra e carattere fuori posto può regalare amare sorprese. Andiamo a vedere la chimera uscita dalla fucina di Montecitorio:
– Introdotti 232 collegi uninominali maggioritari (di cui 1 in Valle d’Aosta, 6 in Trentino Alto Adige, 2 in Molise) alla Camera e 109 al Senato (di cui 1 in Valle d’Aosta, 6 in Trentino Alto Adige e 1 in Molise), che esprimeranno poco più di un terzo dei seggi, i restanti 386 alla Camera e 200 al Senato verranno allocati in modo proporzionale.
– Restano 12 alla Camera e 6 al Senato gli eletti nelle circoscrizioni Estere, con metodo proporzionale.
– La ripartizione proporzionale dei seggi per Camera e Senato avverrà tra le liste che abbiano superato la soglia del 3% delle preferenze, per le coalizioni la soglia è del 10%.
– Si noti bene che nella coalizione verranno contati solamente i voti di liste che abbiano ottenuto l’1% su base nazionale (al Senato su base regionale), se la coalizione poi non sarà capace di superare il 10%, le liste verranno conteggiate singolarmente.
– Avremo in mano una singola scheda, su cui indicare il candidato scelto per il collegio uninominale ed il partito per la quota proporzionale. Non è previsto il voto disgiunto: un voto alla lista verrà trasmesso in automatico al relativo candidato di collegio e viceversa.
– Candidature blindate: un’altra chicca di una legge elettorale di compromesso, gli aspiranti deputati e senatori potranno candidarsi in un unico collegio uninominale, tuttavia possono in aggiunta o in alternativa candidarsi in un massimo di 5 collegi plurinominali.
– La legge elettorale prevede liste bloccate: da 3 a 8 nomi stampati sulla scheda, impossibilità di aggiungere preferenze.
Varie polemiche hanno accompagnato il travagliato percorso di questa legge: in primis l’utilizzo del voto di fiducia per la sua approvazione, pratica effettivamente impopolare e non esattamente democratic friendly. La voce più forte levatasi contro questa legge elettorale è stata quella del Movimento Cinque Stelle, secondo cui il vero scopo di questa legge elettorale sia di relegare i pentastellati all’opposizione e costringere le forze d’establishment ad un compromesso.
A cura di Alessandro Guidi Batori