La cronaca romana è stata letteralmente squarciata dalle grida disperate della studentessa di economia e commercio di 22 anni brutalmente uccisa dal proprio ex fidanzato nel quartiere Magliana verso le tre e un quarto, curiosamente la stessa ora della strage di Amityville. Alle lacrime amare gettate dai suoi genitori si somma il peso soffocante di quella domanda che tutti, in casi analoghi, si pongono incessantemente: si sarebbe potuto evitare?
Sono in molti a porsi il tremendo quesito: in primis è ciò che ci si chiede pensando ai due motociclisti che, pur vedendo la ragazza implorante nel vano tentativo di chiedere aiuto, non si sono fermati per cercare di soccorrerla. Vigliaccheria? Paura? Qualunque motivo li abbia spinti a procedere sulla loro strada è in parte responsabile della tragedia che si è abbattuta su Sara. “È difficile stabilire cosa succeda in quelle circostanze”, si potrebbe pensare. Non tutti hanno l’audacia necessaria per scendere da proprio mezzo ed affrontare uno sconosciuto, che peraltro potrebbe essere armato o comunque estremamente pericoloso. Tante altre considerazioni potrebbero essere aggiunte, le quali però non cambieranno le sorti della giovane che, nel momento del bisogno più grave, non ha trovato alcun aiuto. <<Se qualcuno si fosse fermato, Sara sarebbe ancora viva>>, così ha commentato il sostituto procuratore di Roma Maria Monteleone.
Sono anche altri che, in questi giorni di indagini, ricostruzioni ed interrogatori, ritrovano il bisogno precedentemente soffocato di chiedersi cosa stesse succedendo intorno a loro, prima che Vincenzo Paduano ponesse fine alla vita della propria ex, che aveva interrotto il fidanzamento pochi giorni prima. Una storia d’amore durata due anni e che si trascinava avanti soprattutto per via delle pressioni di lui, che era sempre riuscito a far tornare la ragazza sui propri passi e a risanare un rapporto costellato di alti e bassi.
O meglio, QUASI sempre. L’ultimo periodo del loro rapporto agonizzante era stato segnato da litigate sempre più accese. In particolare, la sfuriata che precedette il tremendo epilogo vide Vincenzo scuotere Sara per le braccia, un’azione che non aveva mai commesso prima.
Eppure il ragazzo non era nuovo a dimostrazioni di gelosia: la madre di Sara, Tina Raccui, avrebbe riferito alle autorità di una scenata fra i due che, tuttavia, <<non sembrava una cosa preoccupante, niente di violento>>. Opinione evidentemente non condivisa dal fratello del padre di Sara, Pasquale, che avrebbe definito il ragazzo <<un animale>>.
Le prime testimonianze raccolte fra gli amici di Sara sembrerebbero confermare un contesto teso e rischioso, in cui la figura di un ex fidanzato geloso – caratteristica confermata anche dalla signora Raccui – potrebbe essersi macchiata di atti di stalking mai denunciati né dalla vittima, né da coloro che avevano accolto benevolmente un carnefice in casa loro.
Nessuno, naturalmente, pensa che “il mostro” possa essere tanto vicino ai propri cari, che possa rappresentare un pericolo così reale. Non possiamo prevedere cosa verrà portato a galla dalle indagini, fin troppo recenti per poter fornire qualunque anticipazione. La domanda, però, sorge spontanea anche in questo caso: si sarebbe potuto evitare? Se fosse stato possibile accorgersi di alcuni segnali, di alcune pericolose storture che stavano ormai incrinando irreparabilmente un rapporto costato la vita ad una persona, Sara sarebbe ancora viva?
La storia della studentessa di economia e commercio ben voluta ed amata da tutti, brillante negli studi e con la concretezza di chi non ha grilli per la testa, è stata bruscamente interrotta dalle fiamme che un assassino ha appiccato dopo aver cosparso il suo corpo di benzina per poi vederla bruciare viva davanti ai suoi occhi. Una morte orribile a cui niente potrà porre rimedio, neppure la giustizia degli uomini. Tuttavia, da questa come da altre vicende simili possiamo trarre una preziosa lezione: può succedere a tutti. Chiunque ha la stessa possibilità di essere la prossima Sara, se di fronte al crescendo di violenza e di rabbia non ha la prontezza di accorgersi che la gelosia abbia un limite oltre a cui non le è concesso estendersi. Il comun denominatore che finisce con l’uccidere queste ragazze è, nella quasi totalità dei casi, il mancato riconoscimento di quegli stessi segnali che spesso vengono sottostimati, perdonati perché l’amore, si sa, ci rende ciechi. Ma se i poeti hanno scritto che l’amore renda ciechi, nessuno ha mai stabilito che l’amore debba renderci morti.
A cura di Riccardo Antonucci