Siria: un destino incerto senza una politica concordata

Siria: un destino incerto senza una politica concordata

La crisi siriana, per quanto possa essere arrivata a livelli catastrofici, può ancora essere contenuta evitando il disfacimento totale della regione. Questo, però, potrà avvenire solo se le potenze globali si presteranno ad una azione radicale e concreta.

In questi ultimi quattro anni di guerra civile in Siria, si contano più di 250.000 morti e milioni di profughi che stanno contribuendo all’esodo più grande dalla seconda guerra mondiale, mettendo a dura prova la solidità’ europea e creando un terreno sempre più fertile per l’espansione dello Stato Islamico. Finora, la proposte francesi di risolvere la crisi attraverso l’uso dei raid aerei si è rivelata molto limitata nella sua efficacia, testimoniando anche una scarsa visione strategica. Dei segnali più forti, invece, stanno arrivando proprio dalla Russia di Putin che si è spinta militarmente inviando forze militari sul suolo siriano per aiutare il regime fragilissimo del suo alleato Bashar Al-Assad aprendo, contestualmente, un dialogo con Barack Obama. La possibilità di trovare un’intesa con gli Stati Uniti, avanzata al Palazzo di Vetro il 28 Settembre, sarebbe un passo fondamentale per la gestione di una crisi così grave, e dovrebbe essere apprezzata, anche perché, qualora non venisse considerata, metterebbe in una luce negativa la prima potenza globale. In realtà la mossa politica di Putin e’ del tutto comprensibile considerando la debolezza economica russa, anzi, e’ un opportunità’ fondamentale per rafforzarsi anche diplomaticamente e geo-politicamente (tramite l’aiuto all’Iran) nella regione. Un tale sviluppo, rimetterebbe in gioco Putin che e’ stato marginalizzato dalla scena internazionale dopo le azioni in Crimea e Ucraina. Ciò non toglie che la Russia rimane sotto attenta osservazione dai paesi occidentali a causa delle mai sopite tensioni politiche.

Per l’amministrazione Obama, dunque, la proposta di Putin e’ difficile da digerire, perché’ significherebbe legittimare il nemico Assad, considerano, oltretutto, che gli USA sostengono militarmente i ribelli che da anni prolungano il combattimento contro il dittatore. Inoltre, il presidente americano viene preso controcorrente, visto che in questi ultimi anni si e’ impegnato con operazioni di ritiro dal medio-oriente, spinto da un’opinione pubblica giustamente esausta del peso economico e sociale delle guerre di Iraq e Afghanistan. Rimangono da valutare, quindi, le parole pronunciate da Obama che ha sostenuto di essere “pronto a lavorare con tutte le parti”.

Anche se resta complicato dialogare e intervenire per combattere l’ISIS e stabilizzare, almeno in una prima fase il regime Assad, ciò non può più essere trascurato perché e’ proprio in quelle terre che nasce il nostro nemico comune, che ingrandisce di più ogni giorno che noi non agiamo. Un intervento di ricostruzione e’ una responsabilità’ che pero’ spetta anche ai paesi europei, Francia e Gran Bretagna in primo luogo, che sono stati attori della degenerazione in Siria (senza contare Arabia Saudita e Iran che difficilmente, però, sederebbero allo stesso tavolo). Ad ogni modo, il potenziale accordo tra USA e Russia fornisce prospettive positive e ci si augura che possa emergere un quadro più risolutivo e chiaro delle decisioni dei leader mondiali per evitare, in Siria, il ripetersi delle sorti drammatiche della Libia. La definitiva frantumazione di quel paese aprirebbe la via a scenari forse incontrollabili.

 

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