Stefano Feltri: dal PD al M5S, ecco cosa aspettarci

Stefano Feltri: dal PD al M5S, ecco cosa aspettarci

Dopo il risultato delle elezioni del 4 marzo, il nostro paese continua ad essere in una situazione d’incertezza ed instabilità. Abbiamo visto l’ascesa di alcuni partiti prima relegati ai margini della scena politica, come il Movimento 5 Stelle e la Lega, i quali hanno guadagnato elettori soprattutto prendendo posizioni definite su tematiche quali immigrazione, euro ed Unione Europea, e al contrario la disfatta di un partito che fino a questo momento si era presentato come punto di riferimento per la sinistra italiana, il Partito Democratico. Alla già complessa situazione poi, si aggiunge anche il ritorno di Silvio Berlusconi, aggiuntosi alla coalizione di centro-destra insieme a Fratelli d’Italia, Lega e Noi Con l’Italia – UDC.

Stefano Feltri, vice direttore de “Il Fatto Quotidiano”, è intervenuto al Festival Internazionale del Giornalismo proprio per parlare di populismi ed in particolare della strada che ha portato il M5S a guadagnare un così alto consenso.

L’abbiamo incontrato per fargli qualche domanda sulla situazione attuale dei nostri partiti e sul futuro post-elezioni.

Ecco cosa ci ha detto!

D: Riguardo al risultato delle ultime elezioni, crede che il PD abbia la possibilità di tornare ad essere il punto di riferimento per gli elettori di sinistra oppure che sia destinato ad essere sostituito da altri partiti, come per esempio il M5S?

R: Il Pd sembra aver fatto una scelta molto netta, che è quella di dire ai suoi elettori che sono andati verso il M5S, avete voluto la bicicletta e adesso pedalate, ovvero avete voluto il partito populista ed adesso ve lo tenete. Quindi chiuso questo approccio, non rivuole indietro quei voti, o meglio, nell’ottica del PD loro stanno fermi ad aspettare il disastro e poi ad un certo punto tutta quella gente dirà come si stava bene quando c’erano Gentiloni e Minniti. Io tendo a pensare che questo non succederà mai, il PD può cambiare, può riprendersi e può puntare su ciò che i 5S non hanno, quindi un personale di governo responsabile. Questo è, per esempio, il messaggio che sta dando Carlo Calenda, dicendo noi non siamo l’uomo della strada, siamo l’élite che ha sbagliato, ha capito il messaggio ed adesso si corregge”.

Non è detto che si andrà in questa direzione, ma i 5S sicuramente stanno presidiando l’area del centro sinistra.

D: In merito alle dichiarazioni antieuropeiste fatte da partiti come Lega e M5S, crede che ci sia un reale pericolo per l’Italia come membro dell’Unione Europea?

R: Io credo che la lezione della Grecia con Tsipras sia istruttiva per tutti. O strappi completamente e quindi esci da Unione, euro e tutto il resto, oppure, se rimani dentro, un minimo di regole del gioco le devi accettare. I 5S questo l’hanno capito per tempo, perché più di un anno fa, nel gennaio 2017, avevano cercato di spostarsi di collocazione europea, nel gruppo più europeista, quello dell’Alde (Alliance of Liberals and Democrats of Europe) di Guy Verhofstadt, poi la cosa è fallita perché l’Alde li ha respinti. Adesso continuano ad essere un’area molto più centrista rispetto a com’erano in origine.

La Lega invece, ha scelto di candidare due economisti anti-euro per dare un segnale di essere ancora la forza più critica sull’Europa, ma tendo a pensare che anche Salvini, nel momento in cui si trovasse a governare, scenderebbe a più miti consigli.

D: Come spiega il fatto che, nonostante i 5S si siano più volte contradetti su vari argomenti, come Unione Europea ed euro, comunque gli elettori continuino a dargli fiducia?

R: Questa è una buona domanda, le risposte sono due.

La prima è che hanno perso qualcuno, ma hanno guadagnato altri, ovvero ammorbidirsi sull’Europa ti fa perdere gli euro scettici più duri ma eviti che la gente si spaventi. Secondo i sondaggisti, quando Grillo è andato in piazza San Giovanni dicendo “adesso vinciamo noi”, “sfasciamo tutto”, ha spaventato un sacco di gente, ha galvanizzato i suoi ma ha spaventato gli altri.

L’altra spiegazione è che, poiché l’incoerenza è un male diffuso, nel momento in cui gli altri partiti o gli elettori contestano ai 5S l’incoerenza poi si comincia a vedere chi è l’incoerente. Renzi ha vinto le primarie del PD dicendo che non avrebbe toccato l’articolo 18 e poi l’ha cancellato. Berlusconi ha promesso tutto il contrario di ciò che ha fatto e se n’è andato nel 2011 dicendo che l’Europa è il male assoluto e gridando al complotto contro di lui, poi torna nel 2018 dicendo di essere amico della Merkel ed il più europeista di tutti.

Quindi la coerenza in politica secondo me spetta più a noi giornalisti, sia pretenderla che segnalare le contraddizioni. Poi ognuno trae le proprie conclusioni.

D: Quale pensa sia lo scenario più probabile, dopo le elezioni del 4 marzo?

R: Ah boh, qui si vive alla giornata! Le considerazioni che si possono fare partono dal fatto che il Quirinale ha fatto di tutto per evitare uno scenario con i 5S in un angolo e tutto il resto del sistema politico che si coalizzava per tenerli fuori, perché sarebbe stata una cosa pericolosa emarginare il primo partito delle elezioni. Secondo me, per come si stanno mettendo le cose, la coalizione 5S e Lega resta la più probabile, tutta la questione è se resta 5S e Lega oppure se si riesce a portare tutto il centro-destra e 5S, senza che Berlusconi sia troppo ingombrante. Ad oggi questo sistema ancora non si è trovato, però nelle elezioni del presidente del Senato i 5S hanno votato un candidato che in altri momenti avrebbero considerato completamente inaccettabile.

Detto questo, dobbiamo aspettare e vedere.

 

vvvvvv

 

A cura di Desirèe Palombelli

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