Sono passati ormai 28 anni da quel 17 febbraio del 1992, giorno in cui venne arrestato dalla Procura di Milano il deputato socialista e direttore dell’ex albergo Trivulzio, Mario Chiesa. Un arresto molto importante dal momento che permise di portare a galla una fitta rete di transazioni monetarie illecite. Penso sia chiaro a tutti che stiamo parlando di Tangentopoli. Ed è proprio con il suo avvento che ebbe inizio il frenetico lavoro della Procura italiana,volto a scovare i soggetti coinvolti nel denunciato sistema di finanziamento illegale dei partiti.
Primo fra tutti a finire sul banco degli imputati fu il Partito Socialista: Craxi, raggiunto nel dicembre del ‘92 da un avviso di garanzia e costretto ad ammettere la propria colpevolezza, affermò in un interrogatorio con il capo della Procura milanese: “io sono sempre stato al corrente della natura non regolare dei finanziamenti ai partiti ed, in primis, al mio partito”. Per il leader del Garofano questo fu proprio l’inizio della fine: il 9 febbraioinfatti Craxi lasciò la segreteria del partito.
Seguirono Craxi nel fallimento anche leader di altri partiti, come ad esempio Giorgio La Malfa, segretario del PRI, o Ciriaco De Mita, segretario nazionale della DC. e non passava giorno in cui non venissero indagati ed arrestati impiegati pubblici e alti funzionari dello Stato. Alcuni arrivarono persino al suicidio: basti pensare a Gabriele Cagliari, ex presidente dell’Eni, o Raoul Gardini, numero uno del gruppo Ferruzzi-Montedison.
La procura milanese compì, insomma, un vero e proprio rastrellamento e in soli due anni gli arresti arrivarono ad un totaledi 4.520.
L’indagine portò a galla tutto il marcio dei grandi partiti di massa della Prima Repubblica. Si realizzò intanto il transito negli anni della Seconda Repubblica Italiana ed era alta la fiducia per un possibile rinnovamento del vecchio sistema politico e partitico. I fatti dimostrarono però che Tangentopoli non ebbe mai un concreto epilogo.
La ricostruzione del Paese in una direzione di legalità e trasparenza non si è realizzata del tutto nemmeno ad oggi.
Nel 2015 il Paese era in fermento per il grande evento che avrebbe smosso l’economia ed il turismo italiano: l’EXPO, un avvenimento di carattere mondiale, all’insegna dell’innovazione e della sostenibilità. Ma è proprio questa facciata di innovazione, di fiducia nel futuro e di cooperazione, che nasconde la vera base su cui EXPO è stato realizzato. Numerosi furono gli scandali soprattutto in materia di appalti e pagamenti illegali.
La gara, in base alla ricostruzione della Procura, avrebbe dovuto essere affidata ad una rete di imprese tra cui la “MaltauroCostruzioni” e la “Manutencoop”. Il direttore Enrico Maltauro,secondo l‘accusa, avrebbe versato centinaia di migliaia di euro in mazzette per ricevere informazioni utili all’aggiudicazione dell’appalto per la costruzione del padiglione. Il denaro sarebbe servito ad influenzare l’esito delle gare grazie all’intervento, ipotizzato, del direttore della Pianificazione acquisti dell’Expo, Angelo Paris e dall’ex parlamentare della Democrazia Cristiana, Gianstefano Frigerio. Proprio quest’ultimo, secondo il giudice per le indagini preliminari di Milano, Fabio Antezza, sarebbe ritenuto a capo dell’associazione a delinquere che avrebbe spinto per rafforzare le “protezioni politiche” degli imprenditori coinvolti negli appalti.
Ovviamente il caso EXPO non rimane isolato nel mondo delle tangenti e della dilagante corruzione: sono troppi i casi di pagamenti illeciti a carico di alti funzionari statali per essere tuttiqui ricordati.
Quel che si deve sapere è che quello dell’illegalità è un mondo che ci è vicino molto più di quel che pensiamo.
Basti pensare all’industria del tabacco. In pochi sono a conoscenza, ad esempio, dell’operazione Cassandra: portata avanti dalla Polizia di Stato che ha avuto come risultato l’arresto nel 2019 di alcuni alti funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, come Gianfranco ed Ernesto Brozzetti, oltre che dell’ex direttore degli affari istituzionali della Philip Morris Italia.
Oramai la corruzione in Italia non stupisce più. Le tangenti, oggi, sono il pane quotidiano dei nostri politici, e la classe politica odierna sembra continuare a mantenere in vita questo sistema fondato sulle operazioni sottobanco e sui pagamenti illeciti, forse perché solo così reputa di poter raggiungere i propri obiettivi.
Purtroppo non sembra questo un sistema destinato a scomparire, anzi è un circolo vizioso in grado di autoalimentarsi. “Tangenti? Una volta bastava una scopa per pulire, adesso ci vuole una ruspa”. Sono le parole pronunciate ai microfoni de “L’Italia s’è desta” dall’ex magistrato Antonio Di Pietro.
L’unico modo per porre fine a tutto ciò è la rivoluzione. Che sia chiaro, non una rivoluzione intesa nel suo senso più rosso, ma una rivoluzione che inizi dall’intero sistema partitico.
Bisogna partire dal basso, dai giovani, far crescere in loro la consapevole convinzione che non è normale ciò che spesso ci circonda. La legge deve essere fatta rispettare, e tutti devono essere coscienti del fatto che la legalità sia il sistema migliore.
La chiave per il futuro è vedere nell’applicazione della legge la normalità quotidiana, e non qualcosa da dover aggirare.
Articolo a cura di Federica Boscaino