In un mondo in cui multinazionali quali Sony, Universal Music e Warner Music Group dominano il business musicale, un fenomeno sempre più affermato negli ultimi decenni è quello delle etichette indipendenti e dell’autoproduzione. Numerosi sono infatti gli artisti internazionali, come ad esempio Stromae e Chance The Rapper, e italiani tra cui Coez e Lo Stato Sociale che hanno scelto e scelgono tutt’ora questa strada. Ma cosa motiva tale scelta?
Primo aspetto da considerare è la distribuzione e come essa sia cambiata con l’avvento di app come Spotify che, entrando a far parte della nostra quotidianità, hanno trasformato il music business e inevitabilmente quello della discografia.
Se infatti l’etichetta indipendente 10 anni fa, con il disco fisico, aveva difficoltà a promuovere un prodotto e a competere con gli ingenti fondi e i potenti networks delle multinazionali, oggi in un mondo in cui sono gli streams, i plays e i followers a contare, può sfruttare al meglio la combinazione di social networks e piattaforme per ottenere una visibilità altrettanto alta ed introiti che non hanno nulla da invidiare alle grandi etichette.
Un altro pro evidente risiede infatti nei guadagni. L’etichetta indipendente e l’artista che si auto-produce riescono a sottrarsi al meccanismo oppressivo della multinazionale, le cui dinamiche vedono arrivare all’artista una percentuale limitata del ricavo effettivo.
È tuttavia necessario sottolineare come una parte degli incassi “trattenuti” coprano i servizi che la grande etichetta offre. Questa propone infatti a ciascun artista un team di esperti che lo accompagna in ogni passo della produzione artistica, dalla grafica al mix e master fino alla distribuzione. È innegabile come, per l’ente indipendente, il provvedere autonomamente a tali servizi sia nettamente più dispendioso a livello di tempo, denaro ed energie.
È l’indipendenza infine il punto che più propriamente definisce la categoria. La multinazionale, per quanto funzionale per molti aspetti, rimarrà sempre vincolante.
L’artista che firma un contratto con questa, sarà vincolato ad agire secondo le sue linee guida e, il più delle volte, ciò andrà a tradursi in una vera e propria perdita di libertà artistica.
In fin dei conti è necessario chiedersi, valutando pro e contro, cosa vale di più: una scalata rapida al successo e alla fama assicurata o un percorso sì più lungo e travagliato ma in cui la libertà, la libertà di produrre ciò che si ama nel modo più vero possibile, fa da vera sovrana?
A cura di Camilla Lavino