THE PLACE, IL LATO OSCURO DELL’ANIMA

THE PLACE, IL LATO OSCURO DELL’ANIMA

“C’è qualcosa di terribile in ognuno di noi, chi non è costretto a scoprirlo è molto fortunato”.

Con questa frase, Giulia Lazzarini spiega l’essenza dell’animo umano e il messaggio, basilare e terribile allo stesso tempo, del nuovo film di Paolo Genovese.

Un anno e mezzo dopo “Perfetti Sconosciuti”, Genovese ritorna con l’intenzione di dare poco spazio a scenografie ed effetti speciali e concentrarsi invece, su ciò che è alla base dell’essere uomo: il desiderio.

Di qualsiasi tipo sia, è proprio il desiderare a renderci umani, fragili. E Genovese ce lo dimostra con una precisione e una semplicità magistrali.

Pochi elementi compongono “The Place”; nove sconosciuti (Giallini, Borghi, Muccino, Rohrwacher, Puccini, D’Amico, Lazzarini, Papaleo, Marchioni), si rivolgono ad un personaggio misterioso (Mastandrea), per far avverare i loro più profondi desideri. Ma ogni richiesta ha un prezzo e spesso per pagarlo si deve fare i conti con la propria anima. I personaggi che vediamo avvicendarsi sono vari; da un poliziotto che vuole salvare suo figlio prima che sia troppo tardi ad una suora che vuole ritrovare Dio, da una ragazza che vuole essere più bella ad un’anziana signora che vuole salvare il marito malato di Alzheimer. L’Uomo li aspetta, li ascolta e propone un accordo, seduto sempre allo stesso posto, nello stesso locale. Ed e proprio questo il punto centrale del film, il motivo che ne fa un film internazionale: “The Place” può essere qualsiasi posto nel mondo, perché ovunque ci saranno uomini pronti a desiderare.

Il film si propone di giocare con i nervi scoperti dell’etica ed è il motivo per cui gli undici protagonisti sono messi alla prova, talvolta con richieste terribili. Così, il “The Place” diventa una sorta di inferno dantesco, un luogo dove chi entra, deve avere ben chiaro in mente che ad ogni azione corrisponde una reazione. Uccidere per salvare, rompere per ricostruire, violare per ritrovare.

Il tutto poi è completato da Sabrina Ferilli, cameriera del “The Place” ed unico personaggio che, piuttosto che fare una richiesta, vuole ascoltare.

Si crea così un film che per tutta la sua durata rimane indefinibile e ci lascia con una strana sensazione di dissenso, ma anche di empatia. In fondo, capiamo questi personaggi, anche se disposti a fare cose terribili, perché umani come noi. Li capiamo perché innamorati, sofferenti e soprattutto fragili come noi. Li capiamo perché anche noi, come loro, desideriamo.

E allora, la riflessione finale, implicita e spontanea, che questi undici personaggi fanno sorgere, è: “cosa saremmo disposti a fare noi, per realizzare i nostri desideri?”.

 

A cura di Desirèe Palombelli

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