Tributo ad Alessandra Cità, un appello contro il femminicidio

Tributo ad Alessandra Cità, un appello contro il femminicidio

Sogno un mondo nel quale ogni singolo femminicidio generi un’eco indescrivibile. Un mondo nel quale ricevere la notizia dell’uccisione di una donna con motivo passionale generi scalpore, shock, indignazione, rabbia. Questo è invece quello che succede con le più svariate polemiche su ambiti di livello ben più basso: battute infelici di politici, figuracce in televisione o discussioni su come verrà chiamato il prossimo membro della famiglia reale, sono queste a generare spesso dibattuto, si sa. L’omicidio premeditato di un uomo geloso che non accetta la fine di una relazione, invece, non genera troppo rumore.

Accade spesso di sentire per caso alla radio la notizia di una donna uccisa dall’ex compagno con un colpo di pistola alla tempia, elencata semplicemente tra quotidiane notizie di attualità, economia, politica internazionale. In Italia muoiono di femminicidio in media 130 donne all’anno, una ogni due giorni. È sconcertante il fatto che eventi del genere non generino abbastanza risonanza mediatica, che ricevano l’attenzione di un articolo di fondo del giornale, nel caso migliore.

Un omicidio a sangue freddo dovrebbe non solo essere in prima pagina, ma essere sulla bocca di tutti.
Tutti dovrebbero parlarne, tutti dovrebbero dire la loro e tutto ciò per un semplice motivo: per dare un insegnamento.

Quello che ci insegna infatti la storia, l’informazione e l’esperienza è che imparare dagli errori del passato rende il futuro più accessibile.

Un futuro nel quale un femminicidio non è preso seriamente quanto dovrebbe è nero, senza speranza, un futuro che mi rifiuto di accettare senza opporre resistenza. Il femminicidio è uno dei gesti che più descrivono l’ignoranza dell’uomo: un atto selvaggio e irrazionale, che forse negli occhi di chi lo compie non è neanche così grave. La definizione di femminicidio più semplice è: “l’uccisione di una donna per il fatto di essere donna.”

Non si parla dunque di un semplice omicidio di un individuo di sesso femminile, ma di un’azione compiuta da un’uomo per svariati motivi tra cui i più comuni sono la gelosia, le tendenze possessive portate allo stremo o la rabbia generata dalla fine di una relazione.

Il termine analizzato assume dunque una valenza sociale più ampia ed un significato molto vasto, ma anche un semplice accenno ad esso racchiude la tragedia della parola stessa.

Questo non è un articolo a titolo informativo, ma più un appello.

Che queste storie diventino uno spunto su cui ragionare e costruire,

che tutti si rendano conto che l’omicidio di una donna innocente per mano di un uomo è qualcosa di atroce e che ogni giorno continua a rendere vano il progresso tecnologico, scientifico e culturale avanzato nel corso dei millenni.

Le vittime hanno nomi e cognomi, sono fatte di carne ed ossa e desideravano vivere come chiunque altro, non sono solo dei numeri, non sono solo statistiche.

Impegniamoci affinché questo non venga mai dimenticato.

Questo va a ad Alessandra Cità, assassinata nel sonno a Milano il 19 aprile 2020 con un colpo di pistola al cranio dall’uomo con cui aveva condiviso 9 anni della sua vita.

A cura di Sofia Palla

 

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