Trump VS Donne

Trump VS Donne

In caso non ne foste al corrente, lo scorso 8 novembre il candidato Repubblicano Donald Trump si è assicurato il privilegio di passare alla storia come il 45esimo presidente degli Stati Uniti, aggiudicandosi ben 306 grandi elettori, alcuni dei quali in stati tradizionalmente democratici (come Pennsylvania e Wisconsin).

Nelle strade delle maggiori città americane si è riversata la protesta nei confronti di un presidente decisamente troppo conservatore e, considerate le politiche promesse durante la campagna presidenziale, non è una sorpresa scoprire che una buona parte dei manifestanti siano donne.

Il signor Trump, infatti, è stato fortemente sostenuto dai movimenti Pro-Life dopo aver dichiarato la sua intenzione di abrogare la Roe vs Wade, decisione della Corte Suprema che dal 1973 tutela la privacy delle donne che abortiscono per ragioni non mediche sul suolo americano, forte anche del potere che acquisirà a breve di nominare membri della Corte Suprema quanto più allineati con le sue visioni politiche; senza contare il nuovo vice presidente Mike Pence, che ha pubblicamente dichiarato che aspetta con ansia il giorno in cui la Roe vs Wade sarà solo un ricordo del passato.

Anche se la Roe vs Wade non venisse intaccata, il piano di Trump prevede la completa abrogazione del finanziamento del Planned Parenthood, l’equivalente del nostro consultorio, a meno che questo non smetta di eseguire interruzioni di gravidanza.

In realtà, gli aborti costituiscono circa il 3% delle prestazioni erogate da tale ente, che serve ogni anno tra i due e i tre milioni di donne, attraverso servizi sanitari di varia natura, inclusi corsi di educazione sessuale. Tagliare i fondi del Planned Parenthood, significherebbe precludere l’accesso ai contraccettivi ad un’ampia fetta della popolazione femminile, comportando l’aumento del tasso di gravidanze indesiderate, che già attualmente si aggira attorno al 45%. Così, poche ore dopo il termine dello spoglio elettorale, hanno iniziato a piovere sui social messaggi di donne che invitavano ad approfittare degli ultimi 70 giorni di accesso garantito e gratuito ai contraccettivi per farsi prescrivere dispositivi pluriennali.

Altro tasto dolente per le portatrici del doppio cromosoma X riguarda la discussione circa il gender pay gap, la differenza che intercorre tra il salario maschile e quello femminile; attualmente si aggira intorno ad una differenza di 20 centesimi per dollaro guadagnato. Il neopresidente ha più volte sostenuto nel corso della sua campagna come i suoi dipendenti ricevano lo stesso salario a parità di mansione in quanto egli stesso è convinto che donne e uomini debbano avere lo stesso accesso al capitale. Sacrosanto, non c’è che dire, senonché in giugno un’inchiesta del Boston Globe ha rivelato che i dipendenti maschi impiegati nello staff della campagna elettorale del businessman erano pagati un terzo in più rispetto alle loro colleghe donne.

Ma l’aspetto dell’elezione presidenziale di Trump che più preoccupa la popolazione femminile è dovuto all’assoluta mancanza di rispetto dimostrata nei confronti del gentil sesso sin dai primi momenti della campagna elettorale, condita per tutta la sua durata da commenti che rimandano  esplicitamente alla violenza sessuale e liquidati dal neopresidente come ”semplici chiacchiere da spogliatoio” ed insulti per niente velati circa la femminilità della sua avversaria, candidamente corredati dall’ammissione che, nel caso sua figlia Ivanka fosse vittima di molestie sul luogo di lavoro, sarebbe egli stesso ad incoraggiarla a trovare un altro impiego.

Affermazioni, queste, diametralmente opposte rispetto alle politiche perseguite in materia di molestie dalla precedente amministrazione Obama, fautrice di numerose campagne di sensibilizzazione, indagini nei college universitari e promotrice di organizzazioni che offrono supporto psicologico alle vittime di abusi.

Donald Trump non è più semplicemente il miliardario che vive nel suo lussuoso attico di New York, bensì si accinge a diventare una figura di riferimento per milioni persone, nel suo Paese come all’estero.

Per questo è preoccupante pensare che una figura così influente assuma apertamente atteggiamenti dispregiativi verso il genere femminile, in un momento in cui sembrava che la nostra società stesse finalmente facendo passi avanti nella tutela delle vittime di abusi, suggerendo che, per i prossimi quattro anni, le molestie saranno all’ordine del giorno, tollerate e derise.

 

A cura di Giulia Vignani

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