TUTTI GRANDI MORALISTI, MA SENZA UMANITÀ

TUTTI GRANDI MORALISTI, MA SENZA UMANITÀ

Entrando nella camera da letto dell’abbiente ospite cosa pensava di andare a fare, a recitare il rosario? Non ha sospettato che avrebbe dovuto togliersi le mutandine senza sapere quando avrebbe potuto rimettersele?

Ecco le parole con cui Vittorio Feltri è tornato all’attacco nella giornata del 24 novembre scorso, fornendo la descrizione di Michela, la giovane donna, sfortunata protagonista della vicenda “Genovese”. Con il suo usuale tono sofistico, il giornalista ha pubblicato la sua narrazione commentata dei fatti di cui si è recentemente parlato, ovvero l’accusa di stupro dell’imprenditore milanese, Alberto Genovese.

Non ritengo opportuno soffermarsi sui fatti specifici e sulle precise dinamiche che hanno portato la vittima in quella situazione. L’elemento chiave della vicenda, lo stesso che porta alla sua legittimazione, è la diffusa mentalità falsamente moralista che è diffusa in Italia. Viviamo in un Paese che ha lottato per l’affermazione dei diritti dell’individuo, i cui cittadini si espongono quotidianamente sui social network, atteggiandosi a grandi oratori e portatori di conoscenza e verità universali; cittadini che parlano di politica e che discutono, con grande tracotanza, di come il nostro sistema politico sia immorale e corrotto.

Queste persone sono le stesse che, però, davanti ad un avvenimento così importante – un avvenimento che dovrebbe scuotere gli animi – si pongono in un una dubbiosa posizione, quasi come se, prima di giudicare i fatti, dovessero avere più dati analitici alla mano, per capire di chi fosse veramente la colpa. Ma di che colpa stiamo veramente parlando? Esiste una colpa per aver subito una tale violenza?

Questo tipo di violenza dovrebbe essere condannata senza sconto; eppure, c’è una comune e diffusa tendenza alla giustificazione del carnefice, mettendo di conseguenza sotto accusa la vittima.

La verità è che viviamo in un Paese in cui si parla tanto di emancipazione, di indipendenza e autonomia, ma queste sono tutte false costruzioni; il punto essenziale è che la nostra società non è ancora pronta a concepire la “donna” come un essere umano pieno del diritto sulla propria vita, che dovrebbe poter fare qualsiasi cosa voglia senza dover rendere conto a nessuno circa la moralità delle proprie azioni. Andare ad una festa, civettare con un uomo e arrivare anche ad assumere droghe sono comportamenti che fanno parte della vita privata della ragazza in questione. Lo scandalo dovrebbe risiedere nella violenza da lei subita, non nei motivi che la hanno condotta in quel posto.

Siamo immersi e circondati da persone che scendono in strada, manifestando per i propri diritti, ma che non riescono a denunciare le parole scritte da Vittorio Feltri.

Ognuno è libero, e sempre lo sarà, di pensare quel che ritiene essere meglio. Ma dare voce a determinati pensieri non dovrebbe essere consentito: l’articolo del direttore Feltri rasenta la piena legittimazione della violenza, la piena giustificazione del carnefice, descritto come un uomo “stremato dalla routine” e “debole davanti alla carne”.

Articolo a cura di Federica Boscaino

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