Siccità. Uragani. Intere aree costiere sommerse. Migrazioni. Povertà. Guerre. ‘Ecco, neanche Globe Trotter si salva dai catastrofisti’, starete pensando, ma vi ricrederete sapendo che questo non è altro che lo scenario prospettato nell’ultimo rapporto dell’IPCC, comitato scientifico dell’ONU, nell’ipotesi in cui non si provveda, entro il 2050, ad una riduzione delle emissioni tra il 40 e il 70% rispetto ai livelli del 2010 e entro il 2100 alla decarbonizzazione completa. Per farla semplice: se continuiamo a inquinare l’atmosfera al ritmo attuale, si prevede che la temperatura globale aumenti fino a 5°C, il che porterebbe – ed è sempre l’IPCC ad affermarlo – allo scenario apocalittico di cui sopra. La situazione è talmente grave che ad ora è escluso che si potrà evitare un ulteriore riscaldamento rispetto ai livelli di oggi, tanto che l’obiettivo più ambizioso, e di difficile realizzazione, è di limitare tale aumento al di sotto dei 2°C, il che porterebbe comunque conseguenze negative. E gli effetti sono già in atto: in Italia, il 2014 è stato l’anno più caldo dell’ultimo trentennio, con ripercussioni sul già affaticato settore agricolo, e nel mondo il numero di uragani e tsunami è in aumento.
In tale inquietante contesto si inserisce la Conferenza sul Clima di Parigi, la ventunesima di una lunga serie, che si terrà dal 30 novembre all’11 dicembre e su cui si concentrano le aspettative, i timori e le speranze dell’intera umanità. Perché se dire che questa è l’ultima chance per il Pianeta suona troppo drammatico, è vero comunque che il tempo per agire è poco. Quest’anno si dovrebbe raggiungere finalmente un accordo vincolante, che obblighi i Paesi ad attenersi agli impegni presi e che contenga, oltre ai target di riduzione delle emissioni (in gergo tecnico ‘mitigazione’), questioni spinose come il finanziamento verso i Paesi in via di sviluppo per una transizione energetica e l’adattamento alle conseguenze inevitabili. La posta in gioco è altissima e le ‘teste’ da mettere d’accordo sono tante – ben 196 – ma c’è ancora spazio per la speranza.
Ciò che si può fare è restare aggiornati, perché l’informazione è uno strumento di pressione potentissimo: vi invito a seguire gli aggiornamenti dei giovani membri di Italian Climate Network (italiaclima.org) che, come me, prenderanno parte ai negoziati. E a tutti coloro che, di fronte all’evidenza, credono ancora che i cambiamenti climatici siano un luogo comune, dico solo che i fatti, ahinoi, stanno già parlando da sé.
A cura di Francesca Mingrone