Sì, lo so, alcuni avranno da ridire sul fatto che van Gogh possa esser definito un pittore contemporaneo, io però v’assicuro che il termine non è buttato lì a caso visto che oramai ha le mani in pasta pure nella VideoArt; ma partiamo dal principio.
Vincent Willem van Gogh nasce a Zundert (Olanda) il 30 marzo 1853 e viene chiamato così in onore del suo fratellino Vincent Willem Maria nato morto il 30 marzo 1852 cioè esattamente un anno prima. Il padre Theodorus van Gogh (1822-1885) era pastore un calvinista, la madre, Anna Cornelia Carbentus, era figlia di un rilegatore della corte olandese. Visti gli scarsi profitti scolastici la famiglia decise di trovargli un lavoro e un suo zio gli mise una buona parola presso la casa d’arte Goupil & Co. Nel 1875 lasciò il lavoro a causa di una crisi depressiva nata per via d’un rifiuto d’amore e da li seguì una crisi religiosa ricca di vicissitudini in cui mollò tutto per aiutare i poveri in prima persona. La svolta artistica del pittore olandese arriva solo nel 1881, infatti, Van Gogh iniziò a dipingere a 27 anni, ma fu incredibilmente prolifico nei 10 anni di attività (morì infatti a soli 37 anni) lasciando una produzione di circa 1100 disegni e 900 dipinti.
Van Gogh morì suicida in Francia ad Auvers-sur-Oise il 29 luglio 1890 ma da allora la ‘sua’ ricerca artistica sembra non essersi fermata e anzi pare in continuo divenire. Una forza creativa che sconfigge il dolore o almeno lo relega a mera comparsa nel teatro della vita, come scrisse in una lettera al fratello Theo del settembre 1888 “Ah, mio caro fratello, a volte so talmente bene quello che voglio. Perciò nella vita e nella pittura posso benissimo fare a meno del buon Dio, ma non posso, nella mia sofferenza, fare a meno di qualcosa di più grande di me e che è la mia vita: la potenza di creare”. Vincent in un certo senso è l’estrema sintesi delle parole di Padre Pio: “La vita senza amore non ha sapore, ma senza dolore non ha valore”. Il valore lasciatoci e rappresentato dalle sue opere, frutto del suo grandissimo dolore, si divide in due tipologie, il primo, meramente economico di puro valore monetario e di controsenso palese d’un autore morto povero in canna; il secondo, il valore artistico, impareggiabile al di là dei gusti personali; esprime quel senso di libertà mista angoscia e diviene un tesoro per le generazioni presenti e future.
Anche io dipingo ma sempre, quando mi appioppano la nomea di artista, mi vien da pensare come posso essere accomunato e chiamato come dei veri artisti di nome van Gogh, Picasso, Caravaggio, Raffaello, Michelangelo, Da Vinci, Chagall, Malevic et cetera et cetera. D’altronde è fin troppo comune l’utilizzo di quel termine, artista lo sono tutti oramai, c’è pieno nei talent, nelle piazze ci son quelli di strada e io che al momento vivo a Roma v’assicuro che fioccano come neve in Val Pusteria. Per di più ci sarebbe da parlare dei vari televoti che non serve siano pilotati poiché si auto-pilotano, non si riesce più a premiare il talento, si premia viceversa la vicinanza geografica del concorrente; accade così che il giovane con capacità artistiche nella norma risalti sugli altri grazie al voto dell’intero suo paese, città, regione d’appartenenza; e, dulcis in fundo, che il cantante sia più valutato del cantautore o autore (un poco come se si premiasse chi mette una cornice a un quadro e non chi lo fa!). Ora mi domando: Quanti voti prenderebbe un Vincent van Gogh? Tolto il fratello Theo amici non è che ne avesse, insomma pare non fosse una compagnia apprezzata per intenderci, figurarsi quanti voti poteva prendere in quest’era moderna così fashion chic. Come detto però anche al tempo non ebbe consensi, basti pensare che Jeanne Calment, l’essere umano più longevo di cui si abbia avuto notizia certa, vissuta 122 anni e morta nel 1997, incontrò Vincent Van Gogh nel negozio di famiglia e, in un articolo del ’95 apparso su La Repubblica disse “Devo averlo incrociato quando avevo tredici o quattordici anni. Aveva veramente un caratteraccio”.
Ora rimane la parte finale di quest’articolo, quella cioè destinata a spiegare il titolo: Contemporaneo… perché contemporaneo? Presto detto! Vincent Willem van Gogh è ancora tra noi e la sua stessa arte così conosciuta e amata si evolve insieme alla nostra stessa società filtrando nelle nuove tecnologie. Esempi se ne sprecano come l’incredibile lungometraggio dal titolo Loving Vincent fatto con 56mila tele dipinte a mano attraverso una tecnica unica nel suo genere e di cui vi consiglio assolutamente l’immediata visione del trailer su YouTube. Altro esempio della contemporaneità del pittore è la mostra Van Gogh Alive-The Experience ora a Torino un esempio di approccio alla VideoArt da parte di Vincent, anche se, detta così, è fin troppo banale. Grazie alla tecnologia Sensory4 infatti, il visitatore potrà letteralmente immergersi nei quadri dell’artista che saranno proiettati su ogni superficie. Con suoni e immagini entrambi di altissima qualità non è difficile immaginare come la mostra abbia già ottenuto grandissimo successo e centinaia di migliaia di visite in tutto il mondo. Last but not least un’idea che ha un non so che di geniale: L’autoritratto di Van Gogh per non vedenti di Genova. Realizzato con la tecnica HandSight renderà possibile per gli ipovedenti sentire i tratti del maestro olandese. Creato per la mostra “Dagli Impressionisti a Picasso” ed esposto negli appartamenti del Doge di Palazzo Ducale a Genova questo quadro si propone di essere solo il primo di una lunga serie; il progetto HandSight sta infatti portando avanti la creazione di copie tattili del Caravaggio per una mostra prevista quest’estate a Roma.
Quindi che ne pensate di Vincent? Contemporaneo o no?
Fonti: