Where to start from è la promessa sussurrata da Maurizio Nannucci nello snodarsi dell’antologica a lui dedicata, ospitata nella Galleria tre del Maxxi dal 26 giugno al 18 ottobre 2015. Luci al neon, grafie abbacinanti: ci si meraviglia come bambini, per via dell’atmosfera rarefatta e cangiante, ma quella rassicurazione iniziale non ci abbandona perché, in un percorso circolare, esplorando nuovi significati, ci è sempre più chiaro da dove iniziare. Per dirla con Bartolomeo Pietromarchi, curatore dell’esposizione, “l’arte di Nannucci non privilegia l’immagine ma la evoca attraverso la parola, la percezione, l’immaginazione e si fonda su un coinvolgimento totalizzante dove spazio, luce e colore stimolano la percezione e modificano il pensiero”. Il neon è la cifra distintiva del suo lessico artistico, così, quando si percorre il sentiero tracciato da luci, non ci si sorprende di scoprire che Nannucci ha curato in collaborazione con Renzo Piano anche la realizzazione della hall d’ingresso dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. E riaffiora all’improvviso alla mente quella magnifica scritta che è assieme monito e imperativo morale: ecrire l’instant dans l’infini et l’infini dans l’instant. Pertanto è nostro dovere andare alla ricerca del piccolo particolare, per approdare all’infinito, scrivendo la nostra storia e, al contempo, per scrivere la nostra storia, inebriati dall’incrollabile fiducia che the missing poem is the poem (come recita una sua opera concepita a cavallo tra il 1968 e il 1969).
L’artista ha realizzato due installazioni in occasione di tale antologica: accanto a Sound Samples, opera sonora interattiva realizzata in collaborazione con Simone Conforti, è possibile ammirare More than meets the eye, creazione che dona alla facciata del Maxxi nuova luce, al punto da confermarsi come simposio culturale, a sua volta in grado di dare luce alle stagioni della città eterna. Alla fine del viaggio, non si è abbandonati dalla certezza incrollabile che Nannucci non abbia mancato alla parola data all’inizio del percorso museale: ha mostrato da dove iniziare, ci ha indicato un’altra nozione di possibilità, dando luce alla radura dell’esistenza, per richiamare le atmosfere heideggeriane. Non è casuale che in greco antico la parola verità sia “aletheia”, il cui significato letterale altro non è che “lo stato del non essere nascosto”. Perché, in fondo, le luci e la bellezza sono due fatti incontrovertibili. Basta andare oltre l’occhio: more than meets the eye, appunto.
A cura di Giulia Carnagiu